Title: Concerto per Percussioni e orchestra
Year: 2021
Organico: Percussione solista, orchestra (3.3.3.3 – 4.3.3.1 – Tp. – 3 Perc. [I: 2 Ps., 3 Tot., 5 Tbl., Sand blocks, M., Fr. – II: Crot., Tt., 4 Bg., Gc., M., Rainstick – Ar. – A.: 16.14.12.10.8.)
Prima esecuzione: Auditorium Toscanini di Parma, 30 Aprile 2021,solista Simone Rubino, Filarmonica Toscanini, dir. Maxime Pascal. Ripresa 13-15 Febbraio 2022, solista Simone Rubino, Orchestra LaVerdi Milano, dir. Christian Järvi
Editore: SUVINI ZERBONI
Genere: Soloist and orchestra
Note sul Concerto per Percussioni e orchestra (dedicato a Simone Rubino)
Questo Concerto per percussioni è un’opera collettiva; è una e bina (teologicamente parlando, in un’ottica trinitaria, è un’anatra zoppa): si è nutrita di un confronto serrato (estatico), di una “corrispondenza di amorosi sensi” tra me e Simone Rubino, visionario dell’arte (e della vita) travestito da percussionista.
Musica scritta a due, che nasce da un bicinium di deliri cantati attraverso i microfoni del telefono.
Il concerto inizia a “nascere” proprio nel mese in cui il virus deflagra in Italia: Febbraio dell’anno scorso.
Tutto il primo movimento è stato scritto durante il cosiddetto “lockdown”; improvvisamente parole consuete irrompevano selvagge dalle tv, dalle prime pagine dei giornali (“lupi selvaggi irruppero dalla porta”, scriveva Trakl): terapie intensive, contagi, chiusure, “ce la faremo”, “ne usciremo migliori”, compravendita di camici, “è solo una banale influenza”, “non possiamo bloccare la produzione”.
Poi, gli autoblindi militari carichi di morti, in uscita da Brescia.
Il primo movimento si intitola Der Untergang (La caduta): pensiamo alle forme musicali della tradizione, la forma sonata, il Rondò, la romanza tripartita. Ebbene, questo primo movimento ha la forma dell’agonia.
Dello spegnersi di un organismo. Mentre, già in pieno lockdown, si parlava di riaprire, riavviare la macchina produttiva, immolare agnelli pasquali sull’altare del mercato e dei listini di Borsa, la musica si concentrava attonita sul bollettino quotidiano dei morti, sugli anziani che salutavano figli e nipoti ed andavano a crepare soli, per asfissia, gli ultimi saluti fatti attraverso il cellulare, i sanitari eroi della dittatura sanitaria che vincevano 100 euro dal montepremi elettorale indetto dai funzionari della lotteria politica.
A Giugno del 2020 il primo movimento – come si confà ad un’agonia – era terminato: la musica muore, si spegne, il respiro infranto, il corpo rigido, le prenotazioni estive che segnano il “tutto esaurito”, la vestale del popolo formato “tv-spazzatura” che sentenzia “non ce n’è coviddì”.
Lavoro di archivio per il secondo movimento che si estende fino Dicembre: registrare e catalogare dichiarazioni della gente comune, della stampa, dei politici, sulla pandemia: “il covid è una pandemia pericolosa”; “no il covid non esiste, è un’invenzione dei poteri forti”; “il virus circola”; “il virus è morto, e lo portano gli immigrati”; “gli immigrati e il covid sono un invenzione dei poteri forti in combutta con i 5G della terra”; “superati i 100.000 morti: allora riapriamo tutto, subito”. Dopo la morte di Dio ci mancava solo la sparizione della Realtà. Tutto è virtuale, tutto è opinione: quando mi sveglio la mattina oramai la prima cosa che faccio controllo la carta d’identità, perché non mi fido.
Dalla stampa tedesca: “non si riesce a comprendere come in Italia si riesca a vivere con 300 morti al giorno senza considerare questa mattanza una tragedia nazionale”.
Se era questa la normalità pre-covid più che ripristinarla bisognerebbe abolirla: potrebbe essere il motto del secondo movimento titolato “…sarà l’assalto…”.
Pensiamo ad alcuni quadri di Magritte in cui sfondo e primo piano entrano in collisione, si confondono, sparigliando le carte della significazione: questo secondo movimento rilegge il primo ma invertendone (sovvertendone) i rapporti.
Quello che nel primo è una lenta caduta nell’inorganico, qui diventa un’ipotesi di battaglia, un manuale di resistenza subacquea munito di mappe ed illustrazioni intarsiate in ghisa di tecniche di guerriglia venatoria; un “passaggio al bosco”, un “darsi alla macchia” minoritario, come nella poesia di Franco Fortini a cui si ispira:
Le trincee erano qui.
C’è ferro ancora tra i sassi.
L’ottobre lavora nuvole.
La guerra finì da tanti anni.
L’ossario è in vetta.
Siamo venuti di notte
tra i corpi degli ammazzati.
Con fretta e con pietà
abbiamo dato il cambio.
Fra poco sarà l’assalto.
Franco Fortini La linea del fuoco, da La posizione (1962 – 1968).
Title: Per ognuno di Noi…
Year: 2017
Organico: per clarinetto, percussioni e orchestra d’archi (2 Perc. [I: Mr., Cp., Crot., Tt., M., 3 Ps., 5 Tbl., Trg., Wind chimes, 2 Bg., Conga, Cajon, Flex., Gc. – II: Vibr., Xyl., Glock., 2 Tot., 2 Bg., 2 Ps., Tp.] – A.: 12.10.8.6.4. minimo)
Prima esecuzione: Lucerna, KKL, 8.5.2017 – cl. Fabrizio Meloni, Human Rights Orchestra, dir. Alessio Allegrini
Editore: SUVINI ZERBONI
Genere: Soloist and orchestra
Tornare a casa: una casa senza luogo, una casa nomade. Andare per deserti, fuori dalle mura delle città, fuori dai centri (non fare mai centro): nei margini, nel limen; fare musica con Alessio Allegrini, con il suo Corno, con la sua Orchestra dei Diritti Umani, ideata da chi, come lui, sente che non si può fare musica con la musica, pittura con la pittura, letteratura con la letteratura.
Farsi fuori, fuori dalle tavole dei dieci comandamenti del supermarket musicale, addobbato a festa da una colonia di piccoli Mosè sculettanti in passerella, e da fuori, come un sussurro, sentire Campana di Marradi canticchiare all’addiaccio: “Voi che le vecchie troie notturne / cazzottaste in fondo al viale…”.
Concerti come espropri minoritari: quest’anno ad intonare le danze dell’esproprio saranno gli indigeni boliviani e le donne congolesi. Qualche anno fa furono i bambini del Rwuanda: tutto un catalogo di generazioni senza nome, sottratte ai privilegi della Storia.
Musica per Alessio Allegrini, per la Human Rights Orchestra, da una poesia di Franco Fortini:
Per ognuno di noi che dimentica
c’è un operaio della Ruhr che cancella
lentamente se stesso e le cifre
che gli incisero sul braccio
i suoi signori e nostri.
Per ognuno di noi che rinuncia
un minatore delle Asturie dovrà credere
a una seta di viola e d’argento
e una donna d’Algeri sognerà
d’essere vile e felice.
Per ognuno di noi che acconsente
vive un ragazzo triste che ancora non sa
quanto odierà di esistere.
Title: Out… III
Year: 2013
Organico: corno, percussioni e orchestra d’archi 2 Perc. [I: Cp., Crot., Tt., M., 3 Ps., 5 Tbl., Trg., Windchimes, 2 Bg., Conga, Cajon, Flex., Gc. – II: Vibr., Xyl., Glock., 2 Tot., 2 Bg.] – A.: 7.7.5.4.2. minimo)
Prima esecuzione: Potsdam, Nikolaisaal, 16.2.2013 – Cr. Alessio Allegrini, Kammerakademie Potsdam,
dir. Antonello Manacorda
Editore: SUVINI ZERBONI
Genere: Soloist and orchestra
Nel 1972 Vittorio De Seta firma un capolavoro d’indagine sociologica e d’intervento politico-culturale, il documentario Diario di un Maestro: ci mostra la realtà quotidiana dei figli del sottoproletariato, che vivono ai margini (o negli interstizi) delle società opulente; ci narra di un Maestro che sfida l’inadeguatezza della scuola con un metodo pedagogico rivoluzionario.
Durante una lezione il Maestro invita a riflettere sul termine “benestante”. Con la naturale prontezza di chi non è ancora “adulterato”, un bambino trova immediatamente un’espressione folgorante per definire la propria classe sociale: i “Malestanti”.
Il pezzo è un omaggio ai Malestanti, a quelli che la storia ha relegato ai margini. Agli esclusi, a quelli che il potere lo subiscono come un destino ridicolo e insensato.
Il Corno è il Viandante, il Proscritto. Entra in scena come un’incarnazione del diverso, dell’alterità, del margine. Racconta la sua storia – che non appartiene alla Storia. Racconta il suo viaggio incessante. Per sparire nel margine e nell’oblio. Generazioni senza nome. Out…